Nel corso della sua storia millenaria, il vino è passato nei contenitori più disparati, di (quasi) tutte le forme e materiali, soprattutto per le fasi dell’affinamento: dalle grandi botti di rovere alle piccole barrique, dalle vasche di cemento, a quelle in vetroresina, ai tank d’acciaio.
Vasi trapezoidali, tronco conici, cilindrici, cubici…la sperimentazione non è mai finita, e tra le ultime novità si vedono in giro contenitori in cemento o in legno a forma di uovo.
Gli obiettivi enologici ovviamente sono diversi a seconda della forma e del materiale scelti – non è un segreto per nessuno che certi legni, oltre a stabilizzare il vino, gli regalano anche particolari profumi di ciocciolato, caffè, vaniglia o liquirizia – e spesso risentono molto delle mode sensoriali del momento.
Ultimamente, complice anche una più diffusa coscienza ecologista e il successo crescente di certi vini naturali, gli appassionati di vino più evoluti sono molto attratti e incuriositi dai vini affinati nelle anfore.
Chi ha visitato la Georgia, sa che i qvevri – le gigantesche anfore in terracotta, tradizionalmente interrate, capaci di contenere dai 400 ai 2000 e più litri di vino – sono una costante dell’enologia locale.
E’ un metodo di vinificazione vecchio di 8000 anni, che ancor oggi funziona, sia pure a costo di realizzare vini non sempre adatti a tutti i palati.
Le anfore per fare il vino o affinarlo sono sempre state utilizzate in molti paesi, Italia compresa (tra i produttori più noti impossibile non citare Josko Gravner, che fa vini in anfora dagli inizi del 2000), ma è solo di recente che sono diventate un argomento di gran moda, e sempre più produttori si stanno cimentando con anfore di vario genere (o con botticelle di una particolare terracotta, come l’originale Barricoccio di Tenuta Rubbia al Colle).
L’ultima novità è però qualcosa che pur ricordando l’anfora, ha la neutralità di una vasca di cemento e la manegevolezza di una comune barrique. E a guardarla è perfino carina. Si chiama Clayver, è una bella palla bianca da 250 l di capacità (un’altra forma, da 350 litri, ricorda l’ovetto che contiene le sorpresine Kinder) realizzata in un particolate tipo di gres compatto e omogeneo, che all’aspetto ricorda il granito, è robusta quasi come quello (a differenza della terracotta, molto più fragile) ma ovviamente molto più leggero. E’, insomma, una specie di anfora di nuovissima generazione, ideata e sviluppata da quattro tecnici italiani, quattro amici appassionati di vino e di innovazione.
Clayver è ovviamente un prodotto per le cantine, che si può utilizzare in qualsiasi fase del processo di vinificazione (fermentazione inclusa, dunque): se ne parliamo in questo spazio rivolto ai consumatori finali è perchè ci fa piacere portare a conoscenza di una innovazione tecnologica interamente made in Italy, che ha saputo far tesoro di esperienze millenarie come quella georgiana, adattandola però allo spirito dei nostri giorni e alle esigenze moderne di pulizia, praticità, rispetto delle materie coinvolte (vino incluso).
Al momento non sono molte le cantine italiane ed estere che hanno accettato di mettere il proprio vino in questi orci: le novità in campo agricolo richiedono sempre molto tempo prima di diffondersi. Ma se la prossima volta che visiterete una cantina noterete tra le botti o le barrique, anche una o più palle (o “ovetti”) bianche, avrete la conferma che il produttore è una persona che non si accontenta, è curioso e ama sperimentare; e persone così non possono che fare anche ottimi vini.
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