Erroneamente, di sicuro, non essendo un grande esperto di vino, ma solo un amabile beòne, non ho mai reputato il vino rosato (o rosé), un vero vino. Mi è sempre sembrato un “vinello”, un vino misto ad acqua.
Quindi, prima di scatenare l’ira dei produttori di questo tipo di vino che sono per caso capitati su questa pagina o che ci capiteranno, ho deciso di ascoltare la richiesta della mia ragazza e comprarne uno, scelto rigorosamente per il suo accostamento un po’ “Barbie Style”… Il più rosa shocking di tutti, probabilmente: il Brut Rosé di Malavasi.
Ora, per quanto poco valga il mio parere, devo ammettere che mi sbagliavo. Il rosato (o rosé) non è affatto un vino di secondo piano. Ha una struttura, un gusto fresco e degli aromi che lo rendono davvero un tassello importante, nel mosaico vitivinicolo. E io lo ignoravo.
Ho costretto la mia ragazza a seguirmi nella preparazione di un aperitivo abbastanza articolato, con stuzzichini di ogni tipo, sushi acquistato sotto casa, e anche un po’ di crudo di mare, per non farci mancare nulla.
Neanche avessimo messo un’insegna luminosa fuori dal portone, il mio amico Donnie citofona tempestivamente, autoinvitandosi.
Quello che ne è scaturito è un antipasto/pranzo di tutto rispetto, annaffiato da uno spumantino rosé che mi ha fatto cambiare idea sul concetto di “vino rosato”, grazie a dei sapori freschi e fruttati che neanche sospettavo.
Pretty in Pink, quindi, per citare un vecchio film americano. Ma come diceva Mr. T dell’A-Team: “solo chi ha gli attributi, può indossare degnamente il rosa”. E ora ho capito che, almeno per quanto riguarda il vino, aveva ragione.