IspirazioniNarrativa
4 settembre 2014, 07:15

settembre

Notte in giallo ambrato

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Insonnia. Colite. Cuore spezzato. Un sorso di Picolit e si aggiusta tutto.

Maledetta insonnia.
Ormai ho contato tutte le pecore del Kashmir e anche le capretta di Heidi.
Mi alzo. Le molle del materasso – malgrado la garanzia “soddisfatti o rimborsati” di Mastrota – mi sembrano gli aghi acuminati che mia nonna usava per rammendare le calze di lana. Peccato che io non sia un fachiro.

Seduta sul bordo del letto, vedo la mia immagine riflessa nello specchio del comò: signori e signore, ecco a voi l’urlo di Munch! Tutto merito della luce di cortesia. Non si capisce perché la si definisca “di cortesia” visto che rende tutto così dannatamente spettrale.
A questo punto posso dichiarare aperta la caccia alla pantofola! I piedi le cercano come rabdomanti.
Ho sempre pensato che siano i gomitoli di polvere i fautori di tali scherzetti. Quando spazzo, in questo luogo ameno, ne vengono fuori di così grandi che sembrano capaci di avere una loro vita privata.

Al diavolo, la polvere e il magico regno degli acari: camminerò scalza. Sfruttiamo questo parquet che mi è costato un occhio della testa.
La sensazione di camminare a piedi nudi è dannatamente piacevole e suscita in me emozioni ataviche. Se non fosse per quello scricchiolio… che, ad ogni passo, ti fa sentire tremendamente grassa.
Ahi! Ora capisco a cosa servono i mignoli dei piedi: a lasciarli negli angoli dei mobili.

Finalmente in cucina! Accendo la luce sopra il piano cottura. Il suo sibilo mi fa compagnia.
Secondo i consigli della nonna dovrei bere un bel bicchierone di latte tiepido, ma poi a soffrire d’insonnia sarebbe la mia colite.
E se aprissi quella famosa bottiglia?
Sì, quella che avevo comprato per lui durante il mio viaggio di lavoro in Friuli.

Tornai prima del previsto e pensando di fargli una sorpresa volai dritta a casa sua… con la mia bottiglia sotto il braccio. A farmi la sorpresa, però fu lui. Passi la segretaria, ma con il benzinaio… capisco che il carburante è in continuo aumento, ma così non avevo nessun margine di possibilità. Avrei dovuto capirlo: troppo spesso mi diceva che mi mancavano gli attributi, ma io lo avevo inteso in senso metaforico. Così scappai da casa sua sempre con la mia bottiglia sotto il braccio, quasi rappresentasse quel po’ di dignità che mi era rimasta.

Credo che la mia insonnia sia proprio iniziata lì.

Perché, allora, non farla anche finire lì?
Prendo la bottiglia. Piccola e graziosa, emana riflessi luminosi catturando quel po’ di luce ed elevandolo all’ennesima potenza.
La stappo. Mi ricorda quando da bambina infilavo un dito in bocca e lo strisciavo contro la guancia per spaventare il gatto che mi rispondeva con il suo sguardo sornione e pieno di compassione. Geneticamente illusa.

Il profumo si sprigiona come un genio che esce dalla sua lampada. Intenso, ricco e raffinato; fiori di tiglio, rosa canina, confettura di albicocca, scorze di arancia caramellata, crema bavarese, canditi, albicocca e fico, fiori d’arancio, miele d’acacia…
Ci vuole un bicchiere a tulipano. Lo verso. Un gorgoglio quasi aristocratico. Il giallo ambrato si fonde con il cristallo trasformando il calice in un piccolo Graal.

Lo porto alle labbra.
Fermo, setoso, sublime fusione di morbidezza, acidità e mineralità; melone, pesca gialla, nespole con un delicato retrogusto di miele di castagno.
Mi sento avvolta tra le spira dorate del Picolit.
Ora capisco perché lo chiamano vino da meditazione; è una rivelazione liquida che distende i tuoi pensieri come panni stesi ad asciugare al sole.

Per quale motivo devo lasciarmi rovinare il sonno da qualcuno che non ha avuto rispetto di me?
Non sa che cosa si è perso! Sicuramente una bottiglia di vino eccezionale.
Non sono certa che mi addormenterò ma mi è tornata la voglia di sognare.
Ora sono ubriaca di universo!

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